Era così la sua vita:
trascorreva tra momenti di traboccante felicità e momenti di
profonda amarezza.
A volte il calore e la
luce abbagliante del sole scendevano ad abbracciarla, la sollevavano,
la portavano su, molto più su di quel suolo sul quale trascorriamo
le nostre stanche esistenze. Si sentiva libera, allora, e soprattutto
amata, felice e sicura. Nulla le faceva più paura, nulla più la
poteva ferire o turbare.
Altre volte, invece, una
zampata feroce l'aggrediva alle spalle, la scaraventava a terra e la
trascinava con la forza di una calamita sul fondo, dove giaceva
sferzata da folate di aria gelida, inzuppata dalla pioggia, che la
penetrava fin dentro al midollo.
Così, in un'altalena tra
un estremo e l'altro, passavano anche i suoi giorni: talora così
pieni da sottrarle il respiro, talvolta così vuoti da farle udire
l'eco del battito del cuore.
Quanto avrebbe desiderato
colmare almeno un poco quel contrasto, smussare quei picchi, rendere
più dolce il suo cammino e avanzare con più stabilità
nell'incedere dei giorni.
Sarebbe mai riuscita a
raggiungere quel “centro di gravità permanente”? Sarebbe mai
riuscita a diventare solida come la roccia, quella roccia di cui da
sempre era innamorata?
Chissà...
...per il momento si
limitava a cercarlo: come poteva, come sapeva, cadendo, rialzandosi,
correndo, zoppicando, ridendo, piangendo, ma con tutta la forza che
aveva!
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