È l'ora del tramonto.
C'è un cielo splendido stasera.
Silvia
guarda fuori dalla finestra. No: non è uno di quei paesaggi esotici,
mozzafiato che si vedono nelle cartoline: non c'è il mare, non ci
sono onde nelle quali la luce rosea si riflette, facendo sognare un
mondo incantato, in cui dimorare in pace, accarezzati dal moto dei
flutti.
C'è invece la terra sotto quel cielo, una terra popolata da case,
edifici, palazzi, campanili, costruzioni, ma non
solo. Poco
oltre, all'orizzonte, si vedono le montagne, il cui profilo definisce
un contrasto tra la roccia e l'etere, che restituisce l'immagine di
una realtà molto più netta della curva dolce tracciata dal mare o
dall'oceano, laddove l'asse terrestre e quello celeste paiono
ricongiungersi serenamente.
Lo sguardo di Silvia si ritrae e cade sul primo piano che ha sotto
gli occhi: incrocia gli alberi, lentamente ne esamina la chioma,
foglie tenere che si intervallano con rami secchi, segno
inequivocabile dell'imminente cambio di stagione. Percorre il tronco,
quella ruvida corteccia che da quand'era bambina le piace
accarezzare. Le ricorda il volto rugoso dei vecchi. “E' strano”,
pensa: ha memoria che sin da quand'era piccina ha sempre avuto la
certezza che mai quelle antiche pieghe l'avrebbero potuta abbandonare
a se stessa.
Scende, il suo sguardo, e si posa sulle radici. Anche queste sono
sue maestre di vita: quante volte si è persa a seguire quelle gobbe,
quegli intralci, quella rete capillare: percorsi travagliati alla
ricerca di linfa vitale. Approda quindi sull'erba, tenera e
flessibile al cammino, sulle foglie cadute, segno di rinascita, sul
fango, nato da quell'incontro tra la pioggia celeste e il suolo
terrestre.
Quell'incontro...che mistero.
Rialza gli occhi al cielo: le
nuvole lo attraversano, dipingendo – con i colori del sole – un
arabesco meraviglioso, forme spiraleggianti al cui interno si
intrecciano i toni del giallo, del rosa e del rosso acceso.
“È così vasto – pensa Silvia – da far venire i brividi”.
Eppure se lo sente vicino questa sera. Forse proprio perché, così
solcato dalle nubi, non è affatto l'immagine della perfezione, si
allontana anzi da quel blu terso che in certe giornate si è
incantata ad osservare, così “puro e senza macchia”.
Quello di stasera è invece un cielo che porta in sé le tracce
dei suoi tormenti, dei travagli, dei contrasti...è un cielo vivo!
Sì: ci si può affidare a un cielo così, perché porta in sé la
lotta e l'abbandono, la battaglia tra correnti avverse, l'asprezza e
la dolcezza.
E mentre due calde lacrime le scivolano lungo gli zigomi, si sente
figlia, sorella, amante, amata da quel cielo, specchio della sua
anima.
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