Era tardi. Era buio. Neppure una stella in cielo. Nessun
alito di vento. Uno spazio riempito dal blu della notte.
Sally camminava. Il solo rumore dei suoi passi sull’asfalto
e dei pensieri – veloci, vorticosi, voraci - dentro la testa. Si strinse nella
giacca, per arginare quella corrente che la trascinava da dentro.
Forse risvegliare il
corpo l’avrebbe aiutata a tornare a sé.
Aveva bisogno di un contatto, di sentire
quella superficie ruvida sulla pelle, di sentirsi graffiare.
Aveva freddo e bisogno di protezione e non c’era altro al di
fuori di sé. Null’altro, se non quell’amara, triste nostalgia che in quei giorni
le piegava le gambe.
No. Non si sarebbe concessa alla morsa di quell’avido
predone. Non avrebbe lasciato che quell’ascia, che le aveva portato via parte del cuore, ora tornasse a farla a pezzi. Aveva bisogno di “tenersi
insieme”. Non poteva andare in frantumi. Pensò ai colori che emana il cristallo
quando il sole lo colpisce. Era a quella luce che aveva bisogno di ritornare.
Chiuse gli occhi, raggomitolandosi, e sentì posarsi due mani sulle tempie, due
invisibili mani, che portarono via tutto il peso dei pensieri, mentre
diffondevano un indescrivibile senso di pace, il senso di una presenza che non
l’avrebbe abbandonata mai.
Nessun commento:
Posta un commento