La porta
è chiusa e questo castello mette quasi soggezione, così imponente e austero.
Ma io vi
ho scorto qualcosa dentro:
ho
scorto la luce e il tepore di un focolare,
intravisti
fugacemente prima che il ponte levatoio si sollevasse, bloccando per sempre l’accesso.
Per
strada ho visto poi dei mendicanti:
brancolavano
nel buio, al freddo.
“E’ un
fuoco sprecato – ho pensato - quello che non dona calore,
è un’inutile
fiamma quella che non sparge la sua luce”.
Raccogliendo
i ciocchi di legna,
i mendicanti
hanno acceso un falò:
esile
dimora, esposta al vento, ma così prodiga del suo luminoso tepore.
Un
principe li osserva dall’alto delle sue stanze,
irridendo
il loro goffo affannarsi.
“Domani
mi toccherà un po’ di carità”, sospira tra sé, nel vanto del suo mantello.
Ma il suo
sguardo commiserante gli impedisce di leggere il labiale
che uno
di quei poveri gli sta rivolgendo.
“Perché ti
inorridisce tanto la condizione umana? Perché continui a voler essere altro?
Credi
sia una trappola essere uomo, o debolezza porsi domande e illusione essere
felici?”
Non è
assurdità farsi compagnia, cercare la felicità, seguire un sogno o usare la ragione.
...E’ semplicemente un
preparare la strada a quell’esperienza che buca la ragione.
...Quell’esperienza
in cui ti accorgi che miseria e nobiltà, Grande Io e piccolo io, identità e alterità non sono contrapposti,
ma fusi
insieme.
Io, tu, gli altri, chi siamo?
Quell’Io!Quell'unico, vero, Io.
E' in ognuno. Lo riesci a vedere?
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