lunedì 12 settembre 2016

Fenice

Varcai la soglia di quell'istante,
e la volli varcare così,
col cuore aperto,
totalmente scoperto.

Varcai la soglia,
come l'unica cosa che in vita si voglia.

Sapevo che passarvi attraverso,
non sarebbe stato un cielo terso.
Sapevo che il fango mi avrebbe sporcato,
il vetro tagliato,
la pioggia bagnato.

Sapevo che il mondo stava lì,
oltre la rabbia e la paura,
che si assiepava scura.

Sapevo che avrei pianto il distacco,
e nel cuore vissuto uno spacco.
Sapevo...sapevo perfettamente,
che non sarebbe rimasto niente.
Nulla da portare con sé,
se non il pensiero di te.
Pensiero stupendo,
sebbene tremendo.

Entrai così,
a testa alta,
alle prime luci della ribalta.

Portai semplicemente all'orecchio,
ciò che già avevo scorto nello specchio.

E ora reggo, sulla fronte,
tutto il peso di quelle impronte.

Il solco che hai lasciato,
come un campo seminato.
L'erba falciata,
strappata alla terra,
come i morti caduti in guerra.

La prendo tra le braccia,
me la spargo sulla faccia.

L'accolgo come acqua fresca,
scrosciante nella tempesta.

E rinasco.
Una Fenice,
che tace, e più non dice.






Nessun commento:

Posta un commento